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Centro Di Odontoiatria Estetica Dott. Robson Ribeiro

Domande Frequenti

Cos’è il tartaro..?
Il tartaro può essere definito come un insieme di depositi solidi e calcificati adesi in zone diverse del dente. Si possono distinguere due tipi di depositi, quelli che si trovano sulla superficie esterna dei denti e quelli che albergano all’interno della gengiva e delle tasche. Il colore può variare dal giallo-biancastro delle concrezioni calcaree localizzate lungo il margine gengivale, al marrone scuro dovuto alla colorazione secondaria ad opera di tabacco e pigmenti derivati dal cibo, fino al nero del tartaro sottogengivale che aderisce più tenacemente alla superficie del dente. Quest’ultimo colore dipende dall’ossidazione del ferro di cui è ricca l’emoglobina del sangue che quotidianamente asperge e si trattiene su tali depositi a causa della gengivite che li accompagna. Il tartaro è composto per il 70-80% da sali inorganici, di cui il 40%circa è calcio, il 20% fosforo ed il resto è dato da sodio, manganese, carbonato e floruro.

Come si forma il tartaro?
Quando i residui di cibo non vengono completamente rimossi dall’igiene domiciliare, una grande quantità di batteri vi si localizza intorno dando luogo così alla formazione della “placca”; la placca costituirà poi la matrice per la successiva organizzazione del deposito, che avverrà per precipitazione di sali minerali contenuti nella saliva.

In quanto tempo si forma?
In alcuni individui sono sufficienti 15 giorni per formare un tartaro ben calcificato, mentre per le prime concrezioni immature bastano pochi giorni.

Quali effetti comporta?
Gli effetti negativi del tartaro sui tessuti di sostegno sono indiretti e consistono nella colonizzazione batterica della sua superficie ruvida, come risulta da studi clinici che prevedevano l’inserimento di tartaro sterilizzato nel tessuto connettivo. Sarebbe quindi questo meccanismo di adesione della placca ai depositi calcificati, oltre alla difficoltà di detersione nelle zone in cui è presente il tartaro, a giustificare l’infiammazione locale che si riscontra sempre in questi casi.

Come ci si difende dal tartaro?
La difesa migliore consiste nell’evitare che il tartaro si formi rimovendo i residui di cibo dopo ogni pasto e sottoponendosi ad una seduta di detartrasi quando si è già formato. Le zone della bocca in cui è più facile controllare la presenza del tartaro sono quelle in corrispondenza dello sbocco delle ghiandole salivari e si trovano sulla superficie vestibolare dei molari superiori (ghiandola parotide) e sulla superficie linguale degli incisivi inferiori (ghiandole sottolinguale e sottomandibolare), perciò attenzione alla pulizia di queste zone.! Il tartaro una volta formatosi può essere rimosso solamente dal dentista con apparecchi ad ultrasuoni o manualmente. In caso di parodontopatia con tasche e tartaro sottogengivale la sua asportazione può avvenire senza incisione chirurgica della gengiva, oppure con incisione chirurgica e messa a nudo delle radici.

Perché i molari sono i denti che si cariano più facilmente?
Le superfici masticatorie (o superfici occlusali) dei molari hanno profondi solchi al cui interno la placca batterica può infiltrarsi e rimanere intrappolata, caratteristica anatomica che fa risultare queste aree fortemente esposte al rischio di carie, nonostante una corretta igiene orale. Se oltre a ciò consideriamo che i primi molari permanenti, chiamati “denti dei sei anni”, fanno la loro comparsa ad un’età in cui è massimo il consumo di zuccheri e spesso insufficienti le manovre d’igiene orale, ci possiamo spiegare perché, tra i denti permanenti, sono anche quelli che subiscono le più precoci e gravi lesioni cariose.

Quali misure si adottano per prevenire che i denti dei sei anni si cariano?
Per i bambini di 6 anni è in atto da alcuni decenni una strategia difensiva che consiste nel proteggere dalla carie i solchi dei molari permanenti che a questa età stanno appena erompendo facendovi aderire una speciale resina, in modo da renderli inattaccabili dai germi. Questo metodo, chiamato “sigillatura dei solchi masticatori”, ha il compito di proteggere lo smalto di quelle zone nascoste ove possono annidarsi prima residui alimentari e poi germi con formazione di carie.

Cos’è il sigillante dentale?
E’ una speciale resina, molto fluida, che viene fatta scorrere all’interno dei solchi occlusali trattati in precedenza con un acido per renderli porosi e trattenerla, e poi indurita con lampade alogene. Una volta applicato, il sigillante impedisce alla placca batterica di insinuasi dentro.

La sigillatura è dolorosa?
La sigillatura dei solchi molari è una pratica rapida ed indolore, viene eseguita senza richiedere punture né l’uso del trapano.

Quanto dura l’effetto protettivo?
L’applicazione dura fino a 3 anni e va ripetuta quando la resina si è consumata.

E’ vero che l’uso di gomme senza zucchero aiuta a prevenire la carie?
Con qualche precisazione si può dire che è così. Questo gruppo di gomme infatti non contiene zuccheri in senso stretto come il saccarosio, lo zucchero di canna, il miele, il fruttosio etc…, i quali sono fortemente cariogeni, bensì polialcoli come il sorbitolo (si ottiene dalle bacche del sorbo – Sorbus aucuparia), lo xilitolo (estratto dagli alberi a legno duro) e il mannitolo. Sostanze che pur avendo un potere dolcificante simile al saccarosio e agli zuccheri naturali “non piacciono” ai batteri responsabili della carie che perciò hanno meno possibilità di riprodursi e di attaccare i denti.

In realtà solo lo xilitolo è completamente acariogeno, il sorbitolo e il mannitolo presentano un seppur basso potere cariogeno. Uno studio finlandese ha rilevato la riduzione di carie in bambini che masticavano gomme contenenti al 100% xilitolo (XyliFresh gum), rispetto a gruppi di controllo che non masticavano gomme o masticavano gomme con sorbitolo, oltre all’arresto o addirittura la regressione di piccolissime lesioni cariose. Con l’uso di questo dolcificante la placca batterica perde il potere acidogenico e l’adesività, caratteristiche cariogeniche che invece risultano fortemente stimolate dall’utilizzo di zuccheri naturali o raffinati. Un altro effetto positivo dell’uso di gomme senza zucchero è la secrezione, durante la loro masticazione, di una maggiore quantità saliva, la quale esercita due effetti benefici anticarie che sono:

Il primo: un’azione di risciacquo sui residui alimentari
Il secondo: un calo di acidità nel cavo orale per via del suo potere tampone.

Questo secondo effetto provoca una diminuzione della proliferazione dei batteri responsabili della carie, favorita invece da un bassa acidità del cavo orale. Oltre a ciò la masticazione della gomma rimuove meccanicamente i residui di cibo ed accentua il naturale effetto di pulizia provocato dai movimenti di sfregamento di labbra e guance sulle corone dei denti.

Riassumendo
Gli effetti benefici dell’uso di gomme da masticare senza zuccheri, in particolare di quelle contenenti xilitolo sono i seguenti:
1.Azione meccanica di pulizia dei residui alimentari
2.Azione di risciacquo dei residui alimentari
3.Azione tampone sull’acidità del cavo orale con calo della proliferazione batterica, in particolare dello streptococcus mutans, uno dei principali responsabili della carie dentaria
4.Perdita di adesività e del potere acidogenico della placca batterica
5.Stimolazione dell’effetto di autodetersione determinato dai movimenti di labbra e guance.

Considerando tutto ciò, allora, si può dire che le gomme senza zucchero danno un valido aiuto nella prevenzione della carie dentaria?
Si, purché si utilizzino subito dopo i pasti e per non più di mezz’ora. Un uso moderato eviterà problemi gastrici, un effetto lassativo dovuto al fatto che i polialcoli non vengono assorbiti dall’intestino, eventuale tensione dei muscoli masticatori o dolori all’articolazione temporomandibolare, oltreché, anche se raro, il mal di testa.

In conclusione: pur non potendo consigliare l’uso di gomme da masticare senza zuccheri come sostituto di un’igiene orale eseguita con perizia e regolarità, si può raccomandare come un moderno, efficace e divertente mezzo di prevenzione della carie dentaria, che si aggiunge ai mezzi classici d’igiene orale e di fluoroprofilassi.

In che consiste la rigenerazione guidata?
La tecnica prevede l’inserimento di particolari sostanze nell’ambito dei tessuti parodontali che consentono la rigenerazione di tessuto osseo e connettivo laddove questo è stato colpito da riassorbimento. Le sostanze utilizzate sono le membrane parodontali e i sostituti ossei, che possono essere entrambi di derivazione naturale o sintetica.

Cos’è il sostituto osseo?
Il sostituto osseo più utilizzato in parodontologia è l’osso di derivazione bovina deproteinizzato, il quale possiede una struttura molto simile all’osso umano e perciò estremamente favorevole per la rigenerazione; il sostituto osseo viene inserito all’interno dei difetti che si sono venuti a creare e poi ricoperto e separato dalla gengiva per mezzo di una membrana parodontale.

A cosa serve la membrana parodontale?
I tessuti umani hanno ritmi di crescita diversi e perciò le cellule che li costituiscono possono entrare in competizione per riempire uno spazio lasciato vuoto; una volta che la gengiva è stata suturata al suo posto, le cellule del tessuto epiteliale gengivale e quelle del tessuto connettivo fanno a gara per riempire il difetto osseo esposto dall’intervento chirurgico, a meno che non si provveda a separare le due famiglie di cellule con una membrana. Sarà questo esile velo alloggiato tra gengiva e osso e suturato intorno ai denti ad assicurare il tempo necessario per la rigenerazione alle cellule connettivali che hanno un ritmo mitotico, cioè di replicazione, molto più lento delle cellule epiteliali. Così questa crescita selettiva all’interno del difetto parodontale, restituirà nuovo cemento radicolare, nuovo legamento alveolare e nuovo tessuto osseo a quei denti che avevano perduto sostegno per azione della malattia parodontale.

Si tratta di una tecnica affidabile?
I controlli a distanza dei casi trattati con la rigenerazione guidata dei tessuti dimostrano il recupero di una quota importante dei tessuti parodontali distrutti, sia all’esame obiettivo che agli esami radiografici, e si tratta ormai di controlli a lunga distanza che danno molta fiducia ai parodontologi e che ci permettono di considerare la chirurgia rigenerativa una straordinaria opportunità terapeutica da proporre ai nostri pazienti.

Cos’è la placca batterica?
E’ una sostanza appiccicosa di colore bianco-giallastro che si fissa saldamente ai denti. E’ formata da residui di cibo colonizzati da batteri che sopravvivono e si riproducono al suo interno cibandosi degli zuccheri in essa presenti.

Come fa a provocare la carie dentaria?
Gli acidi che i batteri producono, in particolare lo streptococcus mutans e il lattobacillo acidofilo, causano la demineralizzazione dello smalto dentario: stadio iniziale della formazione di una cavità all’interno del dente, ovverosia della carie dentaria. Dopodiché gli enzimi prodotti dai batteri provocano la distruzione delle proteine che compongono la parte organica del dente. Le tossine e i veleni, anche loro prodotti del metabolismo batterico della placca dentale, invece, sono la causa primaria delle gengiviti e delle parodontopatie.

E’ possibile metterla in evidenza?
In commercio sono disponibili compresse a base di colorante vegetale atossico che fatte sciogliere lentamente in bocca colorano la placca batterica, evidenziandone le aree di addensamento: in questo modo possiamo renderci meglio conto delle zone in cui bisogna insistere con lo spazzolamento dei denti.

Il fattore principale nella prevenzione delle più importanti affezioni di denti e gengive è perciò la capacità di controllo della placca batterica: una sua minor produzione attraverso un’alimentazione povera di zuccheri, in particolare di quelli raffinati (gli alimenti dotati del maggior potere cariogeno sono le caramelle, la marmellata, il miele) e la sua eliminazione per mezzo di una pulizia ottimale in quantità (i denti vanno spazzolati dopo ogni pasto per circa 2 minuti, e almeno una volta al giorno deve essere usato il filo interdentale) e qualità (tecnica di spazzolamento di Bass e corretto utilizzo del filo interdentale).

Cos’è la parodontologia?
Il termine deriva dal greco e significa studio di tutto ciò che sta intorno al dente e che gli dà sostegno. Si pensa impropriamente che i denti siano tenuti fermi esclusivamente dalle gengive, le quali, invece, sono solo la parte più esterna di una grande opera architettonica, l’apparato parodontale, che ci permette di masticare e che è costituito da osso alveolare, legamento alveolo dentale, cemento radicolare, e gengiva.

La malattia parodontale, o parodontopatia, inizia quando uno o più elementi dell’apparato parodontale, dopo essere stati colonizzati da numerose specie batteriche, smettono di esercitare la propria funzione di sostegno causando mobilità dentale, da molti ritenuta la vera malattia parodontale, meglio conosciuta con il termine di “piorrea”. E’ impossibile stabilire quale elemento dell’apparato parodontale sia più importante degli altri, ma è chiaro che il segno più evidente di sofferenza parodontale è dato da alterazioni dell’aspetto gengivale, che frequentemente, però, vengono colte quando la malatia parodontale è già in uno stato avanzato. La gengiva, infatti, costituisce il primo ostacolo, ma purtroppo anche la prima porta di ingresso per i microrganismi che una volta distrutto l’attacco che la collega al dente procedono verso la radice dentale, danneggiando prima il legamento parodontale, poi il cemento, ed infine l’osso alveolare circostante. E’ opportuno quindi conoscere gli strumenti e le tecniche adatti alla prevenzione, al trattamento della malattia parodontale e al mantenimento della salute gengivale.

Come si può prevenire una malattia parodontale ?
La prevenzione consiste nell’effettuare le manovre di igiene comunicate dallo specialista parodontologo, il quale si impegnerà a presentare gli strumenti da utilizzare e a spiegare come usarli al meglio. Saranno mezzi semplici come lo spazzolino, il filo interdentale, il collutorio, usati secondo schemi personalizzati, che consentiranno di ottenere e mantenere quello stato di salute del cavo orale che oggi deve essere considerato alla portata di tutti.

Quali sono i trattamenti per una parodontite?
Per quanto riguarda il trattamento di lesioni parodontali, esistono una serie di procedure cliniche, più o meno complesse e più o meno radicali, che, se accompagnate da opportune tecniche di igiene domiciliare, possono restituire ai denti una stabilità accettabile. Successivamente, controlli effettuati periodicamente permetteranno di stabilire, anche grazie ad esami strumentali, se i risultati attesi sono stati conseguiti, e se si mantengono stabili nel tempo. La parodontite cronica rappresenta sicuramente la forma più diffusa e di più facile riscontro clinico nell’ambito delle parodontopatie. Pur avendo come presupposto i segni tipici della gengivite che dovrebbero mettere in allarme, quasi sempre i pazienti giungono all’osservazione quando il quadro ha assunto una certa gravità.

Come si manifesta la paradontite?
La malattia si manifesta con un’alterazione della consistenza della gengiva e della sua architettura, sanguinamento più o meno abbondante, mobilità dentale più o meno marcata. Quest’ultimo segno, in genere, è quello che porta i pazienti a sentire la necessità di essere visitati, ma , purtroppo, corrisponde ad uno stadio della malattia già molto avanzato e perciò più difficilmente trattabile.

Quali sono i fattori responsabili?
I fattori responsabili della parodontite cronica sono diversi, ma quello batterico è sicuramente il più significativo e per questo richiede un’attenzione particolare. La presenza prolungata di residui di cibo sul margine gengivale, provoca la formazione della placca batterica che, se non viene rimossa, entro 24-48 ore calcifica, trasformandosi in tartaro; è proprio in questo momento che la gengiva subisce un attacco cruciale che la porta prima ad infiammarsi e poi ad allontanarsi dallo stimolo nocivo, cioè a ritrarsi dando luogo a quelle antiestetiche esibizioni della radice dentale, più scura dello smalto e perciò particolarmente evidente.

Cos’è la Gengivite?
l termine gengivite sta ad indicare l’infiammazione delle gengive che inizia intorno al colletto del dente e causa emorragie. La gengivite se non è curata (vi sono particolarmente soggetti gli anziani), può provocare danni permanenti alle gengive e caduta dei denti.

Come si manifesta?
I sintomi più frequenti sono sensibilità spiccata, sanguinamento delle gengive e dolore all’atto della masticazione, mentre il segno più diffuso è un arrossamento del margine gengivale. La presenza di questi segni e sintomi, evidenzia la formazione di “tasche parodontali”, che sono delle aree di raccolta dei batteri responsabili di questa malattia, i quali trovano il loro habitat ideale in quelle zone in cui l’abbondanza di residui di cibo e la scarsa presenza di ossigeno, gli permettono di sopravvivere e riprodursi in grande quantità.Se non si inizia tempestivamente una cura, nelle tasche gengivali si può formare del pus, che farà evolvere la gengivite in parodontopatia cronica, uno stadio della malattia parodontale in cui i denti, avendo perso definitivamente il loro sostegno, cominciano a muoversi spontaneamente.

Qual’è la causa?
La mancanza di igiene accurata dei denti è una delle cause della gengivite: i residui di cibo si fermano tra i denti o tra i denti e le gengive, permettendo ai batteri presenti nella bocca di iniziare la loro azione infettiva sulle gengive stesse. Le altre cause potenziali della gengivite sono il tartaro che si deposita sui denti, la presenza di carie e le protesi che irritano le gengive. Se lo stato di salute generale contribuisce a causare la gengivite, è indispensabile una visita medica.Una dieta ben equilibrata, scarsa di cibi zuccherini e ricca di vitamine è un buon coadiuvante nella cura dei disturbi delle gengive.

È importante sottolineare, infine, che, mentre per la gengivite la soluzione terapeutica è relativamente semplice e poco impegnativa, quando la malattia evolve verso la parodontite cronica, il piano di trattamento diventa più complesso e richiede più disponibilità e attenzione da parte del paziente.

Perché il filo interdentale è indispensabile per una corretta igiene della bocca?
Perché il suo uso quotidiano ci permette di eliminare la placca batterica adesa alle superfici dentali cosiddette mesiali e distali (o interprossimali): le parti del dente che affacciandosi sullo spazio interdentale rimangono inaccessibili allo spazzolamento. Non adoperandolo la placca batterica che qui si accumula può causare carie e infiammazioni della gengiva interdentale (papillite, ovvero infiammazione della papilla, com’è chiamata la porzione di gengiva che sta tra due denti). Nel tempo può svilupparsi una parodontopatia con formazione di tasche non più detergibili con la normale igiene domiciliare, tanto da richiedere l’intervento del parodontologo.

Come si usa?
Il filo interdentale si inserisce tra due denti, lo si spinge fino a toccare la gengiva, poi si tira verso l’esterno facendolo aderire bene alla parete di uno dei denti. L’azione di strofinamento esercitata stacca la placca batterica dal dente, un successivo sciacquo l’eliminerà dalla bocca. La manovra va ripetuta due volte per ogni interstizio, per pulire la parete mesiale di un dente e quella distale del dente adiacente. Ovviamente, ogni volta che cambiamo spazio interdentale, la parte di filo utilizzata deve sempre essere pulita.

Cos’è l’ Ortodonzia..?
E’ la branca dell’odontoiatria che si occupa della diagnosi, prevenzione e terapia: Dei disallineamenti dentali che provocano alterazioni dell’estetica del sorriso. Delle condizioni disfunzionali dell’apparato masticatorio. Dei disturbi di crescita dei mascellari e di sviluppo della dentizione.

Quali sono i benefici di un trattamento ortodontico..?
I benefici principali di un trattamento ortodontico sono il miglioramento dell’estetica facciale, del sorriso, della funzionalità dell’occlusione. C’è anche da considerare la facilità con cui i denti ben allineati possono essere puliti, con evidente vantaggio nella prevenzione di carie e parodontopatie.

Qual’è il momento migliore per iniziare un trattamento di ortodonzia nel bambino?
E’ variabile, spesso dipende dalla gravità della malocclusione. Si tende a trattare precocemente, verso i 4/5 anni di età le malocclusioni in cui si rileva un problema scheletrico che può complicarsi con la crescita, ad esempio il morso incrociato con latero-deviazione funzionale della mandibola o le terze classi scheletrico-funzionali.

A che età si deve portare il bambino dall’ortodonzista?
Come ho detto sopra, considerando che alcune malocclusioni scheletrico-dentali vanno trattate già a quattro anni di età, possiamo considerare questa l’età più indicata per la prima visita dall’ortodonzista.

Quanto dura un trattamento di ortodonzia?
La durata è variabile, dipende dal problema da trattare, può andare da pochi mesi ad un massimo di 2 anni nell’adulto. Nel bambino in crescita, invece, a causa del continuo sviluppo della dentatura si usa alternare periodi di trattamento ad altri di attesa, ad esempio può essere necessario un trattamento in due tempi, in dentizione mista e poi appena erotti tutti i denti permanenti.

L’ortodonzista riesce ad influire sulla crescita scheletrica dei mascellari?
Si, tant’è che il termine ortodonzia puo essere riduttivo, significando semplicemente “denti dritti”. Oggi la specialità si chiama più appropriatamente ortognatodonzia o ortopedia dento mascellare, proprio perché le sue potenzialità vanno ben oltre lo spostamento dei denti. Nel bagaglio strumentale dell’ortodontista ci sono apparecchi in grado d’influire sulla crescita scheletrica dei mascellari. Vengono usati nei morsi contratti mascellari, nelle seconde e terze classi scheletriche dell’età evolutiva, ecc… Il loro utilizzo nelle patologie di crescita dei mascellari serve a correggere, oltre che le disfunzioni occlusali associate, le gravi alterazioni dell’estetica facciale che spesso comportano.

Il trattamento ortodontico è doloroso?
Può esserci qualche fastidio i giorni successivi all’applicazione dell’apparecchio o alla sua attivazione. Si tratta di piccole irritazioni della mucosa che va a sfregare contro le parti sporgenti dell’apparecchio e di sensibilità dei denti. Nel giro di pochi giorni tali fastidi andranno ad attenuarsi fino a scomparire.

E’ vero che un cattivo combaciamento dei denti può causare mal di testa?
Si è vero. Il “combaciamento” dei denti è strettamente connesso all’attività funzionale della muscolatura masticatoria e delle articolazioni temporo-mandibolari. Quando i denti non combaciano bene la mandibola subisce una modifica nel suo assetto posturale che può riflettersi in una disfunzione muscolare e articolare da cui può generare dolore nel distretto cranio facciale.

Gli apparecchi ortodontici sono tutti uguali?
No, si distinguono prima di tutto in fissi e mobili. I primi s’incollano o si cementano ai denti, i secondi li applica e rimuove il paziente. Poi ci sono gli apparecchi ortodontici estetici, quelli che preservano in corso di trattamento l’estetica del sorriso, ad esempio gli attacchi in ceramica policristallina, oppure gli attacchi incollati sulla superfice linguale dei denti, o ancora il più recente trattamento con mascherine trasparenti .

La contenzione in cosa consiste?
La contenzione si effettua alla fine del trattamento ortodontico per favorire la stabilizzazione della correzione. L’ortodontista consegna al paziente gli apparecchi che dovranno essere portati, generalmente la notte, e le prescrizioni d’uso. A volte la contenzione consiste in apparecchi fissi incollati sulla faccia interna dei denti.

Si possono prevenire le malocclusioni?
Si, molte malocclusioni potrebbero essere prevenute se si riuscisse a controllare i fattori ambientali in grado d’influire sulla crescita dei mascellari e sullo sviluppo della dentatura. Tutto ciò che favorisce atteggiamenti succhianti e atteggiamenti a bocca aperta nel periodo di formazione della dentatura decidua in qualche modo interferisce con il formarsi di un buon ingranaggio occlusale.

Una volta allineati i denti….E’ per tutta la vita?
Un trattamento ortodontico ben fatto è sempre seguito da un periodo di contenzione, con l’obiettivo di favorire la stabilità a lungo termine della correzione. Ciononostante possono esserci, nel tempo, una volta interrotta la contenzione, recidive del trattamento. Spesso tali recidive sono di lieve entità e comunque non influiscono sul risultato estetico-funzionale del trattamento. Qualche volta, invece, possono essere tali da richiedere piccoli interventi di riallineamento o di ottimizzazione occlusale.

L’Apparecchi ortodontico può causare carie?
L’apparecchio ortodontico, in particolare quello fisso, facilita il trattenimento della placca batterica, ma in se non causa carie. Se si seguono scrupolosamente le istruzioni per l’igiene fornite dall’ortodontista, non c’è alcun pericolo di carie.

E’ vero che l’eruzione dei denti del giudizio, è causa di recidiva ortodontica?
La recidiva della correzione ortodontica può esserci anche in assenza dei denti del giudizo, la loro eruzione ne aumenta semplicemente le probabilità. Si è studiato nel periodo successivo al trattamento ortodontico pazienti con e senza denti del giudizio. Lo studio ha messo in evidenza recidive post trattamento, simmetriche, anche in pazienti che avevano solo da un lato il dente del giudizio. In realtà i fattori che possono influire negativamente sulla stabilità post trattamento sono numerosi e complessi.

I denti male allineati, comportano sempre un danno estetico o una cattiva funzione occlusale?
No, il disallineamento dei denti, entro certi limiti, può essere perfettamente compatibile con una buona estetica del sorriso e con una corretta funzione occlusale. A volte può comportare alterazioni dell’estetica del sorriso senza alcuna influenza negativa sulla funzione occlusale. E’ possibile che accada anche il contrario, cioè che si determinino disturbi a carico del sistema occlusale senza alterazioni dell’estetica del sorriso.